Benvenuti nell’era in cui tra il prodotto perfetto e il carrello della spesa virtuale si frappone un abisso di… parole
E no, non basta più fare la cosa giusta, perché se non la racconti bene, è come non aver fatto proprio un bel niente. Sì, sto parlando di te, imprenditore convinto che un prodotto top possa vendersi da solo, come un dessert al cioccolato su un tavolo di diabetici. In questo mondo iperconnesso e saturo di messaggi, la comunicazione è la tua migliore (e unica) arma. Il messaggio non è più un mero dettaglio, ma è l’arma segreta, il cavallo di Troia che penetra le menti dei tuoi clienti. Parliamoci chiaro: comunicare è come sussurrare all’orecchio del cliente, ma per farsi sentire oggi serve ben più che un buon vocabolario. Serve un megafono, una storia e un bel po’ di audacia.
Ricordate i Mad Men? Quei gentiluomini incravattati con sigaretta in mano e uno scotch sempre pronto sulla scrivania? Per loro la creatività era un’arte quasi esoterica, dove le idee si scrivevano a mano e si riflettevano tra le nuvole di fumo negli uffici di Madison Avenue. All’epoca, bastava una frase azzeccata e una splendida campagna cartacea per far vendere l’ennesimo pacchetto di sigarette. E il bello è che funzionava! Le pubblicità erano un evento, qualcosa che la gente aspettava tra una puntata di “Bonanza” e l’altra. Ma oggi? Oggi le cose sono cambiate. Oggi non basta che la tua pubblicità sia memorabile: deve essere anche condivisibile, “likeabile”, e persino “commentabile”. Siamo passati dall’arte del colpo di genio alla scienza del click-through rate, ma una cosa è rimasta uguale: le storie funzionano ancora. Solo che ora non basta più raccontarle, bisogna renderle interattive. La comunicazione pubblicitaria è diventata uno show senza fine, un’asta per l’attenzione del pubblico in cui si combatte a suon di swipe e scroll.
Nell’era digitale, tra TikTok, Instagram e LinkedIn, la pubblicità ha un volto nuovo e più dinamico. È come se i Mad Men di oggi avessero scambiato lo scotch per un energy drink e i brainstorming su carta per sessioni di creatività su chat di gruppo. Non ci sono più “campagne pubblicitarie”, ma esperienze di marca. E se sbagli un tono o un’immagine, in un attimo ti ritrovi nella fossa dei leoni del web. Tutto è rapido, tutto è sfuggente, e solo chi sa osare può conquistare davvero l’attenzione. In questo mondo liquido, la comunicazione non è solo importante: è vitale. È quella sottile linea rossa che separa l’azienda cool dall’azienda dimenticata, il marchio che fa vendere e quello che fa sorridere (gli altri). E non pensate di cavarvela con il vecchio adagio “basta fare bene il prodotto”: se non lo racconti nel modo giusto, nessuno lo comprerà.
E nel comunicare, oggi, c’è di mezzo l’elemento che fa davvero la differenza: l’elemento human. Non stiamo parlando solo del solito “mettere il cliente al centro”, ma del vero cuore della comunicazione, quello che batte forte e porta i brand a connettersi con il pubblico non solo per ciò che vendono, ma per come si raccontano, per come mostrano il loro lato più autentico, più umano. Graphicnart ha capito l’importanza del valore human prima che diventasse una moda, un trend da inseguire. Per noi, l’autenticità non è una semplice parola da infilare nei piani editoriali, ma una missione. Siamo stati precursori di questo approccio, specialmente sui social, dove tutto si gioca in una frazione di secondo. E non si tratta di creare contenuti solo per accarezzare l’ego dei follower, ma di raccontare storie vere, di mostrare le persone dietro ai progetti, i volti dietro ai brand, gli errori, i successi e perfino quelle sfumature che la maggior parte preferirebbe tenere nascoste.
In un mondo in cui ogni azienda cerca di apparire perfetta, noi abbiamo deciso di mostrare le crepe. E sai cosa? Funziona. Perché alla gente non interessa più seguire un brand che sembra uscito da una rivista patinata. Vogliono sentire il rumore dei passi, il battito accelerato prima di un grande lancio, il sudore di chi ci mette davvero la faccia. È questa l’essenza dell’elemento human: non sono i filtri perfetti di Instagram, ma le occhiaie di chi lavora duro, il sorriso di chi ha appena chiuso una vendita importante, la voce di chi ha una storia da raccontare e lo fa senza timori, senza maschere.
Graphicnart ha portato avanti questa filosofia quando ancora in pochi ne parlavano, quando le aziende preferivano nascondersi dietro loghi e slogan preconfezionati. Abbiamo scelto di raccontare le persone, di dare spazio alle voci vere, di mettere in primo piano i collaboratori, i creativi, i clienti, perché alla fine sono loro a fare la differenza. E questa scelta, oggi, ci rende riconoscibili, ci rende autentici. I social non sono solo un canale per vendere, sono il luogo dove un brand può diventare una persona. E se c’è una cosa che abbiamo imparato, è che le persone comprano dalle persone, non dai loghi. È per questo che il nostro approccio è sempre stato #notforcowards: ci vuole coraggio per spogliarsi di tutta la patina pubblicitaria e mostrarsi per quello che si è davvero. Noi lo abbiamo fatto, e continueremo a farlo, perché crediamo che tra il fare e il vendere ci sia un unico modo per distinguersi davvero: comunicare con l’anima, quella vera.
“La comunicazione oggi non è un optional. È l’unico biglietto di prima classe per il successo. In un mondo dove tutti urlano, chi sa parlare con il tono giusto vince. E no, non basta più che tu abbia un bel prodotto: devi raccontarlo come se fosse la prossima rivoluzione. Noi di Graphicnart lo facciamo con un approccio anticonformista, un po’ come quei vecchi Mad Men, ma con un tocco di irriverenza e un pizzico di follia in più. Perché alla fine, tra il fare e il vendere c’è di mezzo il comunicare. E chi sa come farlo, ha già vinto. #notforcowards” – Giuseppe Rigo, Direttore Creativo e Founder di Graphicnart.
E allora sì, tra il fare e il vendere c’è di mezzo il comunicare. E se vuoi farlo bene, assicurati di avere qualcuno che sappia come urlarlo nel modo giusto. Magari con un sorriso sornione e una buona dose di ironia, proprio come noi di Graphicnart. Perché raccontare storie non è da tutti. È per chi non ha paura. #notforcowards.
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